Economia circolare e i soliti GreenWasher sospetti

economia circolare

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Crisi energetica, scarsità di risorse, blackout nell’approvvigionamento di materie prime: laddove il cambiamento climatico non è riuscito ad allarmarci a sufficienza, sono proprio questi fenomeni tangibilissimi tra rincaro bollette e aumento dei prezzi ad avvicinarci al tema dell’economia circolare e dell’energia green.

In Italia, l’economia circolare è ancora un concetto astratto, lontano. Ed è un peccato, perché noi italiani, almeno in qualcosa primeggiamo. Siamo dei veri e propri fuoriclasse dell’economia circolare, svettando in testa alle classifiche circolari d’Europa. Ma partiamo dalle basi. Cos’è l’economia circolare?  Come viene comunicata? Perché sta sovvertendo tutti i canoni dell’economia così come l’abbiamo sempre conosciuta, ossia quella lineare?

Condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione e riciclo dei materiali e prodotti il più a lungo possibile, sono queste le attività e gli assi del nuovo modello di produzione e consumo che ricade sotto l’accezione di economia circolare. Queste sono anche parole recentemente entrate a far parte del vocabolario di cittadini e imprenditori alle prese con la carenza di risorse, specialmente energetiche, derivanti dagli scenari geo politici ed economici globali.  L’economia circolare ha come mission quella di ridurre al minimo gli sprechi. Quando un prodotto raggiunge il termine della sua vita, i suoi materiali vengono mantenuti all’interno dell’economia dove possono essere utilizzati in modo produttivo ancora e ancora, creando così ulteriore valore. Ciò comporta un drastico allontanamento dal modello economico tradizionale e lineare, che si basa su un modello produci-usa-getta, modello ormai obsoleto, che parte dall’assunto che la quantità di risorse produttive sia facilmente accessibile e reperibile. Ci siamo accorti tutti che non è più così.

Stiamo assistendo a un cambiamento timido ma costante nel modo di produrre e consumare i beni di uso quotidiano e quelli industriali, e sta cambiando anche il modo di narrare la transizione. La comunicazione intorno al tema nasce, tra le aziende, anche da un’esigenza di marketing, ed in particolare dal bisogno di raggiungere target sensibili ai temi della sostenibilità e di scegliere servizi e beni che rispecchino i valori dei consumatori anche a fronte di un prezzo maggiore. Inoltre, la sostenibilità oggi va rendicontata. Nel mondo delle banche e della finanza ha sempre più valore la non financial disclosure, il reporting delle azioni di sostenibilità messe in atto dalle aziende per ridurre ad esempio il consumo idrico, le emissioni di Co2, l’impatto sulla biodiversità. Lo storytelling legato alle azioni green diventa fondamentale anche per la percezione finanziaria ed economica dell’azienda.

Ci sono vari motivi per cui le aziende sposano la filosofia sostenibile. È una scelta innanzitutto strategica, in quanto chi adotta processi di economia circolare lo fa per garantirsi un controllo sulle fonti di approvvigionamento delle risorse e delle materie prime. Al giorno d’oggi, conoscendo la forte instabilità della supply chain, poter contare su fonti di riuso e riciclo garantisce maggiore sicurezza su tutte le operazioni aziendali. Inoltre, se pensiamo solo all’efficientamento energetico e idrico, la circolarità comporta anche un risparmio di costi, nonostante un investimento iniziale alto, ciò consente un rientro nel medio lungo periodo che è poi in grado di generare profitto per le aziende.  

E infine c’è chi ha una narrativa valoriale molto forte, e chi lo fa solo per posizionamento, per avere maggiore diversificazione nel marketing. Molte aziende forzano la narrazione e vantano un’etica green che è in realtà semi assente, usando tecniche di comunicazione e marketing, spesso smentite dall’evidenza dei dati.

Sul tema della sostenibilità e dell’economia circolare e green c’è l’interesse di media, consumatori e mondo finanziario. Nella nostra società basata sull’iperconsumo, in molti alzano un sopracciglio scettico quando sentono le organizzazioni e le società affermare che stanno “facendo la loro parte” per “salvare il mondo”.  Quando le aziende investono più tempo e denaro per commercializzare i loro prodotti o il loro marchio come green, piuttosto che fare il lavoro sporco per garantirne la sostenibilità che siano sostenibili, siamo difronte al fenomeno del greenwashing.

Sebbene molto greenwashing sia sospinto intenzionalmente attraverso un’ampia gamma di artifizi di marketing e PR, gran parte di questo lavaggio del cervello verde non è intenzionale ma deriva da una mancanza di conoscenza di cosa sia veramente la sostenibilità e dalla mancanza di metriche oggettive, standardizzate e condivise con le quali valutare l’effettiva entità delle pratiche comunicate e dei risultati conseguiti. Eppure, in Italia, c’è anche oro che luccica, e luccica davvero.

Secondo il Rapporto sull’Economia Circolare 2022, l’Italia è in testa per i trend di circolarità delle cinque principali economie europee, ottiene 20 punti e stacca di quattro Germania e Polonia, classificate in seconda posizione. L’economia circolare ha un fatturato di 88 miliardi di euro e dà lavoro a 575.000 persone. Conta circa l’1,5% del valore aggiunto nazionale: quasi quanto il settore energetico o quello dell’industria tessile. Sono tutti numeri che dimostrano che l’Italia è uno dei pionieri dell’economia circolare. Grazie soprattutto alla straordinaria propensione al riciclo industriale, possiamo affermare che l’economia italiana è la più performante in materia di produttività d’uso delle risorse materiali e di riciclo di materia in Europa.

Nel nostro paese la percentuale di riciclo di tutti i rifiuti ha quasi raggiunto il 68%: è il dato più elevato dell’Unione europea. Per quanto riguarda la quota di energia rinnovabile utilizzata sul consumo totale lordo di energia, in Europa si è registrato una tendenza crescente di circa il 5% tra il 2010 e il 2019.

In conclusione, i risultati sono sorprendenti e smentiscono svariati luoghi comuni.

What’s next? Il Piano per la transizione ecologica indica tra gli altri i seguenti obiettivi: arrivare entro il 2030 a un tasso di utilizzo circolare dei materiali pari almeno al 30%, e ridurre del 50% la produzione di rifiuti entro il 2040. È indispensabile dare piena attuazione alle misure del PNRR: definire un’efficace Strategia nazionale per l’economia circolare, rafforzare gli strumenti di politica industriale a sostegno degli investimenti delle imprese in direzione della circolarità, promuovere il trasferimento tecnologico in particolare verso le piccole imprese, sviluppare la produzione di biometano e la bioeconomia circolare.

Ritornando al tema della scarsità delle risorse energetiche, è fondamentale per l’Italia rendersi indipendente energeticamente, e a tal fine c’è un’unica strada percorribile: diversificare quanto più possibili le fonti e la loro provenienza, e spingere al massimo verso la transizione energetica ed ecologica. Tuttavia, diversificare le fonti significa anche cominciare ad affrontare diversi tabù: come il nucleare, recentemente annoverato dalla Commissione Europea come energia green, o la termovalorizzazione. Proprio quest’ultima idea, da applicare in una Roma da anni in affanno sulla gestione dei rifiuti, sta destando non poche polemiche. Beppe Grillo scrive sul suo blog che “bruciare i rifiuti è la negazione dell’economia circolare”. Contrarietà che non sembrerebbe pretestuosa se Giuseppe Conte avesse approvato senza esitazioni l’orientamento positivo dell’Italia che il Ministro Cingolani si appresta a confermare sul nucleare di quarta generazione. È in pubblicazione dal MITE il “Piano per la transizione ecologica”, nel quale questa tecnologia viene considerata fondamentale per conseguire gli obiettivi di decarbonizzazione. In particolare, “la fusione nucleare – è scritto nel dossier – rappresenta la sfida di lungo termine che la comunità scientifica sta affrontando da tempo con l’obiettivo di arrivare nella seconda metà del secolo a una tecnologia capace di produrre grandi quantitativi di energia elettrica, decarbonizzata e sicura”.

Insomma, la diversificazione dell’energia e l’economia circolare sono temi che si intrecciano. Tuttavia, come sono varie le fonti energetiche, sono altrettanto numerose le posizioni politiche, cangianti e confliggenti a seconda degli scenari – se nazionali o locali. Trovare una quadra all’interno del Governo non sarà semplice, e con l’avvicinarsi delle elezioni aumenterà la conflittualità per accaparrarsi il premio di forza partitica più “sostenibile” e amica dell’ambiente. Salvo poi magari cambiare posizione una volta al Governo, come successo con infrastrutture quali il TAP. Insomma, prepariamoci ad operazioni di greenwashing politico, mentre l’Europa trema sotto i cannoni russi. Il tempo per immaginare il futuro energetico dell’Italia potrebbe essere molto meno di quel che pensiamo d’avere a disposizione.

Fonti:

‘’What is Circular Economy’’(2018) Emanuele Bompan, Edizioni Verdi. 

https://www.europarl.europa.eu/committees/it/circular-economy-action-plan-/product-details/20201106CDT04441

https://www.mite.gov.it/pagina/pnrr-pubblicazione-decreti-economia-circolare

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